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Fibromialgia, una patologia cronica tra genetica e resilienza

Fibromialgia, una patologia cronica tra genetica e resilienza

Affaticamento, dolore diffuso, rigidità muscolare, depressione e disturbi cognitivi: sono alcuni dei disturbi alla base della fibromialgia, una malattia reumatica che colpisce l’apparato muscolo-scheletrico, e il tessuto connettivo. Essa è associata ad un disturbo dell’elaborazione del dolore, che determina alcune anomalie neurobiologiche che interferiscono con la trasmissione dei segnali a livello del sistema nervoso centrale. Proprio per questo può essere considerata una patologia della comunicazione cellulare che può essere scatenata da un trauma fisico o psichico, o da una malattia virale, eventi che generano un’anomalia a carico di alcuni neurotrasmettitori e di particolari sostanze ormonali come la serotonina, dopamina, noradrenalina, Gaba.

Oggi la diagnosi di fibromialgia si basa esclusivamente su una valutazione clinica completa, secondo i criteri ACR 2016 (American College of Rheumatology), tuttavia i biomarcatori biologici convalidati associati alla fibromialgia non sono ancora stati identificati. 

Studi di associazione a livello del genoma hanno rintracciato i geni potenzialmente coinvolti nella patogenesi della fibromialgia e si è evidenziato che i fattori genetici sono responsabili fino al 50% della suscettibilità alla malattia. È stata inoltre proposta un’interazione gene-ambientale come meccanismo scatenante, attraverso alterazioni epigenetiche: in particolare, la fibromialgia sembra essere caratterizzata da un modello di DNA ipometilato nei geni implicati nella risposta allo stress, nella riparazione del DNA, nella risposta del sistema autonomo e nelle anomalie neuronali subcorticali.

La resilienza, elemento fondamentale per combattere malattie autoimmuni e sindromi da rigidità

Ci sono persone che geneticamente sono più predisposte allo sviluppo di malattie autoimmuni, sindromi caratterizzate da rigidità e dolore cronico e fibromialgia in quanto meno resilienti, a rispondere agli stimoli ambientali. La multifattorialità alla base dello sviluppo della fibromialgia e l’alterata risposta dell’individuo agli stimoli esterni, fanno inquadrare la sindrome fibromialgica all’interno dell’approccio psico-neuroendocrino-immune (PNEI), che considera le malattie da un punto di vista integrato, con le varie componenti (psiche, sistema nervoso, sistema endocrino e sistema immunitario) che controllano l’organo/apparato malato e a loro volta sono influenzate da un meccanismo di feedback. La complessità nella eziopatogenesi e nella diagnosi della fibromialgia l’hanno resa per molto tempo una malattia contestata: le persone che ne erano colpite erano stigmatizzate e classificate come affette da disturbi psicologici e/o psicosociali, più che fisici. 

Tale atteggiamento ha ulteriormente complicato la vita dei malati fibromialgici, determinando un impatto economico e sociale rilevante.

Ildegarda e il suo apporto per il trattamento della Fibromialgia

Diceva Ildegarda, nel suo “Causae et Curae delle infermità” che “vi sono uomini tristi e timorosi e con la mente piena di vaghezza, tanto da non avere una costituzione giusta, né una giusta condizione. Sono piuttosto, come il vento forte, dannoso, per ogni erba e per ogni frutto. E in questi uomini si forma un flegma, che non è né umido, né denso, ma tiepido. Tale flegma è simile al livido muco, che è resistente e si allunga come la gomma e che provoca la malinconia, nata dal fiato del serpente, allorché precipitò il seme di Adamo, dal momento che Adamo aveva seguito il suo consiglio quanto al mangiare”.  E ancora: “…Chi impallidisce, quando è mosso dall’ira, è fatto in modo tale che in lui viene eccitata la malinconia, che però non muove il suo sangue, ma turba lentamente i suoi umori, sì da esserne raffreddato, al punto che le sue forze vengono annientate e indebolite, ed egli impallidisce in volto, celando l’ira.

E, tuttavia, sorge in lui la cattiva volontà di una aspra vendetta,  che perdura; e non gli vale, quindi, trattenersi dal dare sfogo alla sua ira”. 
Ecco quindi la necessità di far emergere le emozioni, ripulendo il corpo dalle tossine, per favorire la comunicazione interiore, controllando e contrastando i dolori che sono espressione della rigidità psicologica e della difficoltà a comunicare del fibromialgico. Per sviluppare una maggior resilienza è necessario aprirsi all’altro, all’ambiente e accogliersi. A tal proposito ci sono una serie di rimedi che facilitano questo processo di auto ascolto e comunicazione interiore. Si parte dal Nasturtium elisir, che smuove sia le tossine fisiche che emozionali iniziando e ripulire per favorire una prima forma di comunicazione con se stessi ed avere il coraggio di Essere. La Salvia Sclarea, usata come depurativo ‘sottile’, sblocca il calore del fegato facendo affiorare emozioni secondarie e aiutando a digerire la sentimentalità emozionale. Grazie all’Absinthium elisir si può affrontare il proprio conflitto. Nel superamento o nell’accoglienza di quest’ultimo si opera l’unione tra destra e sinistra, tra conoscenza e volontà: avviene  il radicamento, la centratura per iniziare l’ascesa verso la conoscenza di se stessi. Infine la Galanga che, con il suo potere antinfiammatorio controlla e contrasta i dolori e con il  suo calore asciuga l’umidità e il freddo corporei.

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